Il melograno e suoi utilizzi

Tante sono le sfaccettature del melograno, tante le sue storie e tanti i suoi utilizzi.

UN PO’ DI STORIA
Tutti o quasi, avranno letto a scuola la breve e commovente poesia del poeta toscano, Giosuè Carducci: “Pianto antico”, composta per ricordare il figlioletto Dante, deceduto ancora bambino, all’età di tre anni.
Queste le prime righe: L’albero a cui tendevi la pargoletta mano, il verde melograno da’ bei vermigli fior…

Al tempo di Carducci, la  presenza dell’albero del Melograno nei giardini dell’Italia, era un segno di appartenenza alla classe colta.
Infatti l’albero del melograno, ha tradizioni antichissime e non si contano i quadri di Natura Morta, in cui il melograno è rappresentato. Questa in foto qui sotto, è un trompe l’oeil dipinto da me, che riproduce un affresco della Villa di Livia, ora presente  al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.
Eh si, mi cimento anche in pittura, praticamente mi piace fare tutto…

natura morta con melograno

Nella città di Firenze invece,  nel ‘400, ritorna la rappresentazione del melograno, nella pittura di Botticelli, nella Madonna del  melograno, del 1487, in cui Gesù Bambino, tiene in mano un frutto , aperto leggermente, come simbolo del sangue della sua futura passione.

L’Accademia della Crusca suggerisce due nomi: uno per l’albero, melograno, ed uno per il frutto, melagrana.
Oggi, tuttavia, è di uso comune utilizzare il solo sostantivo maschile per entrambe le strutture vegetali.

SIMBOLOGIE  DEL MELOGRANO

Il frutto del Melograno è simbolo di abbondanza, infatti nel linguaggio dei fiori il bellissimo fiore rosso del melograno simboleggia l’amore ardente ed il frutto la fertilità.
E’ un simbolo forte anche nella religione cristiana. Non a caso è ricorrente nei dipinti religiosi di Sandro Botticelli e Leonardo Da Vinci.
Nella religione ebraica, la melagrana è simbolo di produttività e ricchezza perché contiene  613 semi ( arilli) tanti quanti sono i comandamenti della Torah.
E’ nominata numerose volte anche nella Bibbia come uno dei sette frutti della Terra Promessa.
La melagrana è stata assunta anche a rappresentare la santità per la tipica forma a corona del suo picciolo.

CARATTERISTICHE

 L’albero, dalla foglia piccola e stretta, è aggraziato e può vivere afiori del melograno lungo.  Le foglie sono caduche, quelle giovani, appena fuoriuscite dalle gemme, sono di colore rossiccio; da adulte invece sono di colore verde brillante, con la pagina inferiore più scura
Il melograno (o melagrana) è il frutto della Punica granatum, specie appartenente alla famiglia delle Lythraceae.
Il melograno è un frutto autunnale che matura a partire da ottobre  ed è un frutto dalle mille proprietà benefiche.
Inoltre i suoi frutti si possono conservare in luoghi freschi e asciutti anche per 1-2 mesi; in frigorifero anche 2-3 mesi.

Fiori raccolti a terra

IL FRUTTO
I frutti migliori per il consumo derivano dalla fioritura intermedia; quelli invece della fioritura tardiva, generalmente non arrivano a maturazione.
Come distinguere una pianta di melograno da fiore, da quella da frutto?
Un modo sicuro per distinguerlo è osservare i brindilli, che in quello da frutto, hanno una forma molto più appuntita (il brindillo è un ramo sottile e lungo di un anno di età).
I fiori sono a forma di campana, come quelli che ho raccolto a terra, qui in foto. E’ interessante sapere che i fiori cadono senza fruttificare quando non vengono impollinati.

Le varietà ornamentali sono caratterizzate da una fioritura continua, che nelle aree più calde si prolunga fino a ottobre inoltrato. Leggi tutto “Il melograno e suoi utilizzi”

Tintura con bacche di ligustro

Ho esplorato il colore naturale per anni, ma da tantissimo tempo non riprovavo più la tintura con bacche di ligustro e vi spiego anche il perché.

Tintura con bacche di ligustro
Tintura con bacche di ligustro

In realtà in antichità si pensava che la pianta avesse proprietà curative e che fosse utile per le affezioni del cavo orale, inoltre le bacche venivano spesso utilizzate come colorante alimentare.
Purtroppo però studi più recenti hanno dimostrato che la pianta non è assolutamente curativa e  sicuramente non è commestibile per l’uomo.
Si dice addirittura che le bacche ingerite siano velenose, anche se è difficile mangiarne tante e avvelenarsi, giacché non hanno sapore gradevole.
Sono invece molto gradite agli uccelli, infatti molte specie ne sono ghiotte. Soprattutto le bacche di ligustro sono molto gradite alle capinere e alle tortore.

STORIA E USI DEL LIGUSTRO
Il ligustro vanta una tradizione letteraria antichissima. Ha delle illustri citazioni e lo troviamo nominato in un componimento agreste di Virgilio e in un ‘opera di storia naturale di Plinio.
Il nome generico Ligustrum deriva dal latino ligare, ovvero legare o fasciare, perché con i suoi rami belli dritti, sottili e flessibili, soprattutto con quelli più giovani, si creavano spesso dei cesti.
Il nome vulgare, invece, significa comune e si rifà all’ampia diffusione della specie.
Introdotto nel nord America e in Oceania, è sfuggito poi dalla coltivazione ed è diventato invasivo in numerosi luoghi.
In italiano si chiama ligustro comune o olivella.
La pianta è molto mellifera e le foglie proteiche sono un ottimo foraggio. Leggi tutto “Tintura con bacche di ligustro”

Tante tonalità dalla cocciniglia

Conoscete le tante tonalità che si possono ottenere dalla cocciniglia? Come molti coloranti naturali, la cocciniglia produce toni diversi a secondo della sua mordenzatura e a secondo dei viraggi utilizzati. I colori virano dal viola, al colore rosa fino ad un fuxia e addirittura ad un rosso brillante.

tante tonalità dalla cocciniglia

 

L’estratto di cocciniglia o carminio è uno dei più costosi e preziosi tra i coloranti naturali ed è derivato da una cocciniglia (Dactylopus coccus) che si nutre del cactus nopal nelle zone aride del Messico, Perù, Cile e Isole Canarie.
Il procedimento per l’estrazione del colorante è lungo e delicato e prevede diversi passaggi.
Il valore del colorante, estratto da cocciniglia, (carminio e acido carminico) era già conosciuto dagli Aztechi prima dell’arrivo degli spagnoli in America.

Il colorante prodotto dall’insetto, prende il nome di acido carminico, e in Europa ha fatto la sua comparsa, a partire dal XVI secolo.
Attualmente in Messico ed in Perù la pratica della sua coltivazione è ancora in uso e rappresenta in alcuni territori, una delle principali fonti di reddito.
Infatti per le famiglie contadine, in territori molto poveri,  rappresenta ancora una risorsa alternativa.

Dal 1650 in poi fu considerata la più preziosa merce d’esportazione del Messico, dopo l’oro e l’argento.
Presto molti europei appagarono quindi, con questa tintura naturale, la loro voglia di tinte vive.
In Gran Bretagna invece, si usava la cocciniglia per ottenere il tradizionale colore scarlatto delle uniformi militari.

Ai giorni d’oggi il Perù produce circa l’85 per cento delle scorte mondiali di cocciniglia nel mondo.

NOTIZIE SULL’ESTRAZIONE DEL COLORANTE

In realtà le cocciniglie, costituiscono uno tra i più importanti raggruppamenti di insetti dannosi.
Nonostante siano insetti piuttosto piccoli, diverse specie di cocciniglie, possono facilmente essere responsabili di infestazioni gravi per l’agricoltura. Sono infatti, spesso causa di un forte indebolimento della pianta.

Per produrre un chilogrammo di colorante, occorrono circa 80-100 mila insetti.
Una volta ottenuta la polvere, macinando gli insetti raccolti, la si tratta con acqua calda per estrarre l’acido carminico.

Le femmine secernono un liquido molto denso e intensamente colorato come involucro, per proteggersi dai predatori.

Le foglie di cactus, chiamate nelle zone di origine Nopal, sono tagliate dalle piante coltivate e portate in una serra. Vengono appese a testa in giù in appositi contenitori e infestate dagli insetti di cocciniglia riproduttori.
Da questo momento inizia il processo di deposizione delle uova e di creazione delle colonie di insetto sulle pale di opuntia.
Le pale di nopal, poi , restano appesa nella serra circa 3 o 4 mesi.
Dopo questo periodo gli insetti avranno raggiunto la maturità per il raccolto e verranno collocati al sole per essere essiccati.
Per fortuna, ho letto, che spesso la cocciniglia viene raccolta, dal cactus del fico d’India, dopo che i parassiti  hanno completato il loro ciclo di vita naturale.

Cocciniglia animaletti per estrazione colore

UTILIZZI DELLA COCCINIGLIA Leggi tutto “Tante tonalità dalla cocciniglia”

Il romice

Il romice o la romice ?
Si usa chiamarlo in entrambi i modi.
Il romice è una pianta che cresce spontaneamente nei prati e nei campi, lungo i bordi delle strade e nei terreni incolti sia nelle aree rurali che urbane.
E’ classificata come erbaccia, ma così non è, perché ha innumerevoli qualità.
Utile in cucina, infatti si trovano qua e là ricette sul suo uso.
Fornisce al corpo nutrienti importanti tra cui vitamine e minerali come ferromagnesio, piccole quantità di potassiocalcio e incredibili quantità di vitamina A e vitamina C.
E’ utilizzato anche  in erboristeria perché  ha proprietà depurative e lassative.  Contiene acido ossalico e molti tannini, quindi potete ben capire che è usata, sia in tintura che in stampa.

Semi di romice

NOMI POPOLARI
Il romice è chiamato anche Lapazio, Acetosa, Rumex acetosa, Acetosa e non va confusa con l’Acetosella (Oxalis acetosella), Erba pazienza, Rubice dei prati, Rabarbaro alpino, Lacasso, Lapazio Dei Tetti, Lingua Di Capra, Romice Comune, Romice Dei Tetti.
Il suo nome scientifico è Rumex crispus. Il genere rumex si riferisce a delle piante erbacee, per lo più perenni, della famiglia delle Polygonaceae.
Nel territorio italiano, le  Polygonaceae sono presenti con una quarantina di specie. Le piante più comuni sono  il Rabarbaro e il Grano saraceno.

Il termine latino Rumex, ci richiama alla mente l’azione del ruminare, perché si dice che i soldati romani la masticavano spesso, durante le lunghe marce, per attenuare la sete.

PARTICOLARITA’ DEL ROMICE 

Il romice secco, pieno di semi

Il romice produce tantissimi semi, che restano vitali nel suolo per decenni,  anche per 50 anni. Sopravvivono nei foraggi conservati, passano indenni attraverso l’apparato digerente del bestiame e vanno poi a finire addirittura nei concimi aziendali.
I fiori sono piccoli, di colore verde-rossastro e sono riuniti in racemi che formano pannocchie apicali lunghe e sottili, quasi prive di foglie. Insieme ai numerosi semi sono una leccornia per gli uccelli.
Possiede radici robuste e rizomi in grado anche di riprodursi vegetativamente.
Come dicevo più su, è tra le principali specie invasive di prati e pascoli.
Ciò è dovuto al suo enorme potenziale di propagazione dovuta appunto alla  produzione impressionante di semi.

A tal proposito il Manzoni scrive nei Promessi Sposi:

Chi vedendo in un campo mal coltivato, un’erbaccia,
per esempio un bel lapazio, volesse proprio sapere se sia venuto da un seme maturato nel campo stesso, o portatovi dal vento, o lasciatovi cader da un uccello, per quanto ci pensasse, non ne verrebbe mai a una conclusione.

Promessi Sposi, cap. XIX – A.Manzoni

IL ROMICE IN TINTURA  Leggi tutto “Il romice”

L’ippocastano in tintura e in ecoprint

L’ippocastano sia in tintura che in ecoprint può essere considerato veramente super.
In tintura infatti si ricava un bellissimo colore dal decotto dei suoi ricci, in ecoprint si stampa in modo veramente apprezzabile, con le sue foglie.

CONOSCIAMO PIU’ DA VICINO L’IPPOCASTANO

Appartiene alla famiglia delle Hippocastanaceae/Sapindaceae , è  originario dell’Asia ed è stato portato a noi solo nel 1500.
II nome latino del genere “Aesculus” deriva dal nome di una quercia sacra a Giove.
Ricci di ippocastano

Il suo nome scientifico è Aesculus hippocastanum, mentre il suo nome comune è ippocastano, castagno d’India, castagna amara, castagna cavallina.
I suoi semi sono spesso chiamati anche, “Castagne pazze” per distinguerli dalle castagne commestibili.
Dal vero castagno inoltre,  si distingue per la forma delle foglie: il castagno infatti le ha semplici, inserite alternate sul ramo, l’ippocastano le ha composte.
La sua bella foglia, in effetti, è palmata ed ha da cinque a sette foglioline lunghe dentate. Quella centrale, è più lunga delle altre. Sorgono tutte dallo stesso punto, sul lungo picciolo che le unisce al ramo.
Anche i suoi frutti sono diversi, infatti mentre i ricci del castagno sono ricoperti da aculei sottili molto fitti, i frutti dell’ippocastano presentano aculei radi e tozzi.
Le foglie dell’ippocastano purtroppo, sono caduche  e in autunno cadono abbastanza presto. E’ infatti un albero non molto vigoroso.  Già ora infatti, la sua bella chioma ha maculature fogliari abbastanza estese, dovute molto spesso a un fungo o a malattie parassitarie che ne insidiano la salute.

È pianta mellifera  e i suoi fiori sono visitati dalle api che ne raccolgono il polline e il nettare, dalla concentrazione zuccherina molto elevata. Leggi tutto “L’ippocastano in tintura e in ecoprint”