Il fiore di carota

Il fiore di carota è una pianta erbacea che troviamo spesso, dalla primavera in poi, nei prati molto soleggiati.
Il suo nome scientifico è  Daucus carota, chiamato anche Queen Anne’s pizzi, per la bellezza della sua corolla, perché sembra appunto un delicato pizzo.
Comunemente il fiore è noto però, come fiore di carota selvatica.
in Italia troviamo tantissime sottospecie. Ma come riconoscerlo? A quali altre piante assomiglia? Quando fiorisce? E’ utile in tintura e in stampa?
Ora piano piano, scopriamo tutto!

ETIMOLOGIA E APPARTENENZA FAMILIARE

Il nome “Daucus carota” ha origini antiche, deriva infatti dal greco “daúkos”, che significa “ravanello”, probabilmente proprio per la somiglianza delle radici di questa pianta con quelle del ravanello.
Il termine “carota” è invece legato al latino “carōta”, che si riferisce alla radice commestibile della pianta.
Appartenente alla famiglia delle Apiaceae, nota anche come Umbelliferae, la carota selvatica inoltre,  è imparentata con altre piante come il prezzemolo, il finocchio e l’anice.

ORIGINI E HABITAT

La carota selvatica è originaria dell’Eurasia e del Nord Africa, dove cresce rigogliosamente nei campi, lungo i bordi delle strade e nei terreni incolti.
La sua diffusione nel corso dei secoli l’ha resa una presenza comune in molte regioni del mondo.
Allo stato spontaneo è considerata pianta infestante e oggi si trova facilmente, in posti assolati ed in zone calde e sassose.

DIFFERENZA DALLA CAROTA COMMESTIBILE

Sebbene la carota selvatica e quella commestibile siano strettamente imparentate, presentano alcune differenze significative.
La carota selvatica è nota principalmente per i suoi fiori e le sue foglie, mentre la carota coltivata è apprezzata soprattutto per le sue radici dolci e croccanti.

Fiore di carotaRICONOSCERE IL FIORE DI CAROTA

Il fiore di carota, ha un’infiorescenza ad ombrello composta da numerosi piccoli fiori bianchi a cinque petali.
Il centro dell’ombrella è caratterizzato da un fiore scuro, tendente al rosso scuro, che funge da richiamo per gli insetti impollinatori.
Lo stelo è peloso e le foglie sono finemente divise e anche loro villose.

Un sosia da non confondere

Il fiore di carota però, potrebbe essere confuso con quello della cicuta maggiore (Conium maculatum), una pianta estremamente velenosa.
Per distinguerli, è importante osservare attentamente il centro dell’infiorescenza: nella carota, come già accennato, è presente un fiore scuro, mentre nella cicuta maggiore, tutti i fiori sono bianchi.
Inoltre, le foglie della cicuta maggiore hanno un odore sgradevole simile al sedano, mentre quelle della carota emanano un profumo gradevole e aromatico. Leggi tutto “Il fiore di carota”

Bignonia capensis

La Bignonia capensis è conosciuta anche come Tecomaria capensis.
 E’ una pianta rampicante, normalmente sempreverde, originaria del Sudafrica, appartenente alla famiglia delle Bignoniaceae.

CARATTERISTICHE DISTINTIVE

In genere la Bignonia capensis, ha una crescita vigorosa e le sue foglie sono lucide e lanceolate.
Sono infatti composte da 7-9 foglioline ovali di un verde brillante che si alternano lungo il fusto rampicante, creando una copertura densa e, come vedete dalla foto, particolarmente lussureggiante.

Bignonia capensis foglie
In realtà  potrebbe essere considerata anche una pianta invasiva, in quanto può crescere rapidamente e soffocare la vegetazione nativa.
Quindi direi che è molto importante controllare la sua diffusione e limitarne la propagazione nelle aree dove potrebbe causare danni agli ecosistemi locali.
La Bignonia capensis però, è una pianta ornamentale molto apprezzata per la sua bellezza e anche proprio, per la sua resistenza.
È ideale infatti, per coprire pergole, recinzioni e muri.

I SUOI FIORI

La sua fioritura è copiosa e duratura, avviene infatti, dalla tarda primavera fino all’autunno, ma i fiori, sbocciano in abbondanza, durante l’estate.
I fiori della Bignonia capensis sono tubolari e campanulati, di colore arancione o rosso.
I petali, delicati e sottili, si aprono come una tromba, rivelando un centro ricco di dettagli e sfumature.
Sono riuniti in infiorescenze corimbose all’apice dei rami.
Inoltre sono ricchi di nettare, attirano quindi, api, farfalle e colibrì, che contribuiscono alla loro impollinazione. Leggi tutto “Bignonia capensis”

Loropetalum

Conoscete il Loropetalum? Sicuramente si, soprattutto per chi come me, si occupa di ecoprint, ma proviamo a conoscerlo un pochino più a fondo.

CARATTERISTICHE BOTANICHE DEL LOROPETALUM

Noto anche come “arbusto cinese del fucsia” o semplicemente come “fucsia cinese”, appartiene alla famiglia delle Hamamelidaceae, la stessa dell’amamelide.
Il nome scientifico della pianta è Loropetalum chinense: “loropetalum” deriva dal greco e fa riferimento ai petali sottili del fiori, simili a nastri, mentre chinense sta per nativo della Cina.
Originario delle regioni subtropicali dell’Asia orientale, questo arbusto sempreverde, è ampiamente apprezzato per la sua straordinaria fioritura e il suo fogliame.
Loropetalum foglie

Le sue foglie, di forma ovale o lanceolata, si presentano in una gamma di tonalità che spaziano dal verde scuro al viola intenso.
Ma è soprattutto durante la fioritura che questo arbusto si rivela in tutta la sua bellezza: i fiori a forma di frusta spuntano dai rami, creando un affascinante contrasto. Possono essere di varie tonalità, dal rosa intenso, al rosso, al fucsia, al bianco.
Sbocciano dalla primavera all’estate, aggiungendo colore  al verde scuro delle foglie.

L’ASPETTO DELLA PIANTA

Per chi non dovesse conoscere la pianta, o riconoscerla, potrà farlo anche dal suo portamento che è sicuramente importante.
Il loropetalum infatti può crescere, fino a diventare un cespuglio compatto, o un piccolo albero, a seconda della varietà e delle cure fornite.
loropetalum più apprezzati e coltivati in giardino, sul terrazzo o balcone, sono in genere quelli che sviluppano una chioma di foglie rosse e fiori rosa acceso o fucsia, come il Loropetalum chinense Rubrum.
Alla stessa varietà appartiene anche il loropetalum rubrum, noto anche come oro petalo, una pianta che si trova sempre in parchi e giardini e che ha molto bisogno di sole.

IL SUO PORTAMENTO

Il portamento e l’aspetto della pianta possono variare in base al cultivar: in genere il loropetalum si sviluppa con una forma allargata e può raggiungere anche i tre metri di altezza, ma in commercio esistono varietà di dimensioni inferiori, come nel caso delle varietà di loropetalum nano.
Le varietà nane, consentono di coltivare la pianta anche in vaso e di creare dei
 loropetalum bonsai.
Il pH del terreno deve essere acido, quindi inferiore a 6.
 Lo si può misurare utilizzando un apposito kit e prelevando un campione di terreno.
Leggi tutto “Loropetalum”

Tintura con Cercis Siliquastrum

Nonostante le temperature alte e le sfide della stagione, ci sono alcuni alberi, le cui foglie persistono qua  e là, rivelando una certa determinazione, per   affrontare l’inverno con fierezza: il Cercis Siliquastrum, chiamato anche albero di Giuda, da cui in questi giorni ho ricavato, una splendida inaspettata tintura.

ULTIME FOGLIE D’INVERNO

Nella quiete invernale, quando la natura sembra addormentata sotto il manto freddo, ci sono infatti  alcuni alberi, che offrono un raro spettacolo di resilienza.
Mentre molte piante, quindi,  perdono le foglie per prepararsi all’inverno, gli alberi di Giuda, mantengono le loro foglie fino all’ultimo momento possibile.
Infatti, anche quando il gelo stringe la natura con la sua presa fredda, queste foglie resistono e sono un segno tangibile della determinazione di questa pianta a non cedere di fronte alle avversità.
Ne ho quindi raccolte alcune, prima che cadessero definitivamente

Ultime foglie di Cercis Siliquastrum

e le ho messe in pentola per ricavarne appunto una tintura.
A volte, lo sappiamo bene, si hanno delle sorprese incredibili, ma prima di raccontarvele, facciamo un piccolo studio su quest’albero.

Foglie albero di Giuda, pronte per l'estrazione
Foglie albero di Giuda, in pentola, pronte per l’estrazione

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Latte di soia per mordenzare

Spesso ultimamente, utilizzo il latte di soia per mordenzare.
Infatti da molto tempo, questo latte, è considerato un’alternativa vegetale al latte di origine animale, tanto che ha recentemente guadagnato, una nuova veste creativa, nel mondo della tintura naturale.
In realtà, non è un vero e proprio mordente, ma funge da legante tra il tessuto e il colorante. Noi però per praticità, lo chiameremo, mordenzante.
Questo “elisir vegetale”, ci può donare una palette di colori ulteriori, perché i risultati sono veramente eccezionali.
Come potete vedere in foto, io ho sempre la scorta in casa.

Latte di soia per mordenzare

ORIGINI DEL LATTE DI SOIA

Il latte di soia, ottenuto dalla macinazione e filtrazione dei semi di soia, ha una storia millenaria, soprattutto nelle culture asiatiche.
In Cina, dove è stato consumato per secoli, è apprezzato per la sua versatilità in cucina. Oggi, il suo utilizzo, come dicevo, si è esteso ben oltre il mondo culinario, spaziando in settori innovativi come appunto,  la tintura naturale.

IL LATTE DI SOIA PER MORDENZARE

Il latte di soia, ricco di proteine, vitamine e minerali, è sicuramente un legante efficace per i tessuti.
La sua capacità di fissare i pigmenti naturali sulle fibre tessili lo rende anche una scelta sostenibile, per colorare i tessuti in modo ecologico.
Infatti questo processo, oltre a evitare l’uso di sostanze chimiche, conferisce una luminosità particolare ai tessuti trattati.
Il procedimento è un pochino più lungo della classica mordenzatura fatta con l’allume, ma se si ha tempo, vi assicuro che i colori ottenuti in tintura, sono più brillanti e anche più duraturi nel tempo.
Del resto, basta impostare il procedimento, ossia, mettere in ammollo il tessuto in un secchio con latte di soia, miscelato con acqua e aspettare dodici ore.
Questo procedimento, va ripetuto però, tre volte, strizzando molto bene e lasciando asciugare il tessuto tra una volta e l’altra.

Semi di soia

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